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Il Profumo che piace all’aldilà e gli albori del profumo di nicchia

di Paolo Fadelli

Chissà se davvero le divinità amano i profumi, certo è che noi lo crediamo. Possiamo dire che non esista cerimonia rivolta all’aldilà che non preveda il bruciare o l’aspergere un profumo. Così è che incensi, mirra e resine preziose accompagnano da sempre le nostre odi al cielo. Forse, tra fumi e pro-fumi, l’uomo si illude di poter confondere le acque, e rendere meno palesi le sue malefatte terrene quando viene chiamato al cospetto di Dio. Che quest’ultimo ci caschi è però cosa tutta da dimostrare.

Fatto è che l’usanza di diffondere profumi nei riti sacri è molto antica e risale a tremila anni prima di Cristo. Lo facevano gli Egizi, una civiltà cresciuta sulle rive del Nilo e durata qualcosa come quattromila anni. Sin dai primordi della loro storia gli Egizi offrivano agli dei sacrifici profumati, ma usavano anche profumare i cadaveri nei riti funebri, ungendoli di resine al momento dell’imbalsamazione delle mummie. Arrivarono anche a svuotare i corpi, a riempirli di aromi e a bruciarli per offrirli agli dei.

Non sappiamo il perché lo facessero, se per devozione, oppure per coprire i cattivi odori dei cadaveri in decomposizione o, ancora – come più probabile – per entrambi i motivi.
Quello che sembra certo è che prima dei vivi si iniziò con il profumare i morti.

A profumare sé stessa da viva, per motivi di vanità, pare sia stata per prima la regina Hatshepsut (1473-1458 a.c.). Innamorata dei profumi la sovrana organizzò
una spedizione di navi dirette nella terra del Punt (probabilmente un territorio che oggi comprenderebbe Eritrea, Somalia e Sudan), alla ricerca di essenze profumate. Tornarono cariche di aromi e piante odorose che la sovrana fece trapiantare in Egitto per averle sempre a disposizione. Di questo viaggio c’è traccia in un bassorilievo in un tempio a Tebe, la città egizia situata proprio lungo il Nilo.

Non fu da meno il popolo di Israele, che già 1400 anni prima di Cristo narrava come Dio ordinò a Mosè di procurarsi Incenso, Mirra, Cannella, Cassia, Giunco odoroso e olio d’oliva, per comporre un unguento profumato per la cerimonia. Questo profumo – ammonì il Padre Eterno – sarebbe dovuto servire solo per il rito sacro e mai l’uomo avrebbe dovuto servirsene per profumare se stesso. Insomma, all’epoca, l’arte della profumazione era riservata davvero a pochi. Eravamo agli albori del Profumo di Nicchia.

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2 risposte

  1. Intrigante che il profumo sia nato anche per “comunicare” con la divinità. Quasi che l’uomo volesse offrire quanto di buono c’è in terra per farlo salire fino in cielo grazie all’aria, assieme ai suoni delle proprie parole di preghiera. Belle riflessioni, grazie!

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